All’inizio erano i fondi globali, quelli che investivano più o meno in tutte le aree del mondo contemporaneamente, ai quali si aggiungevano quelli che investivano solo in Italia. Poi, pian piano, i fondi hanno cominciato a diversificarsi per mercati e per comparti economici. I fondi diversificati per aree geografiche sono nati sull’onda del boom di alcuni mercati (in particolare Stati Uniti, Pacifico e America Latina) a partire dagli anni ‘80-’90: si è allora pensato, da parte delle società di gestione del risparmio, di diversificare l’offerta. Si è quindi passati da semplici fondi azionari o obbligazionari “globali” a prodotti specializzati in una determinata area. I fondi comuni sono dunque diventati anche sempre più sofisticati, da utilizzare con molta prudenza: infatti, se la mia intenzione è quella di investire nei mercati emergenti per cogliere l’attimo fuggente di un grosso boom in Borsa, devo in ogni momento essere pronto ad uscire da quel mercato prima che il boom svanisca e io annulli tutti i miei guadagni.
Investimento da monitorare
Insomma, quel che si vuol dire è che per investire in mercati azionari e obbligazionari distinti, costruendosi un “asset al location” personalizzata (con un mix di vari mercati geografici in certe proporzioni prestabilite, ma sempre pronte a mutare) il sottoscrittore deve continuamente tenere sott’occhio, insieme al suo consulente finanziario, il suo patrimonio in fondi, tenendosi pronto a fae degli “switch”, ovvero dei trasferimenti da un fondo all’altro. Il primo passo da muovere è quello di effettuare una corretta pianificazione finanziaria dei propri risparmi e poi, in base ad essa, definire quando e cosa comprare. Nella maggior parte dei casi, però, ci si affiderà ai promotori o ai funzionari bancari, i quali a loro volta si affideranno probabilmente alle loro società di gestione.
Quando e cosa comprare
Quando si gestisce un portafoglio di tale tipo, vi saranno dei problemi di market timing, cioè nella decisione del momento in cui variare il peso sui singoli mercati o sui singoli titoli. Infatti, se il portafoglio è molto spezzettato, il rischio è che sia lo stesso cliente a dover decidere come comportarsi, magari dopo colloqui periodici con il consulente finanziario. Altro momento fondamentale è poi lo stock picking, cioè la selezione dei titoli da acquistare sulla base delle loro prospettive di crescita: ma questo è veramente solo un problema del gestore. In generale, i gestori si distinguono per avere stili di gestione diversi: così, ad esempio, alcuni prediligono la capacità di una società di fare utili alla lunga distanza, altri invece si muovono cercando le società più dinamiche. Ci sono dunque molti stili diversi.
Fondi iper-specializzati: come comportarsi
La scelta è indubbiamente ampia e molto diversificata: le aree su cui puntare sono diverse (area Euro, Europa, America, Pacifico, Paesi emergenti, Area Yen …). Inoltre, altre più dettagliate classificazioni sono possibili partendo da queste: ad esempio, all’interno dell’area azioni Pacifico si può distinguere una sottocategoria di fondi specializzati nel solo Giappone. Ma anche all’interno di altri fondi specializzati in macroregioni si possono trovare altri fondi più specializzati geograficamente.
Obiettivi di lungo termine
Gli esperti non consigliano ai risparmiatori-famiglie atteggiamenti troppo speculativi: in caso saranno i gestori a decidere, se dovessero averne la facoltà, mosse del genere. La raccomandazione è di guardare sempre al lungo termine, senza lasciarsi troppo fuorviare da oscillazioni repentine e ampie dei mercati. Quanto più si restringe l’investimento in un particolare mercato e tanto più aumenta il rischio, che viene invece stemperato nel caso di fondi globali. Ora, se tutto questo è frutto di una precisa strategia, d’accordo col promotore o col funzionario bancario, va bene, e i frutti si vedranno nel lungo termine. Se invece ci si è lasciati convincere troppo facilmente a diversificare in vari mercati geografici, ma non si tollera un’alta volatilità degli investimenti, è allora necessario ripensare a tutta la strategia.
La volatilità: quanto conta
Chi ha qualche dimestichezza con i fondi comuni di investimento ha senz’altro già sentito parlare della “volatilità“. Essa è un indicatore di rischiosità, ovvero l’attitudine del fondo a oscillare in basso o in alto nel corso del tempo. Più tale valore è alto e più il fondo oscillerà. La volatilità è naturalmente più bassa nei fondi monetari, un po’ più alta negli obbligazionari: è invece decisamente alta nei fondi azionari. In teoria, il sottoscrittore gradirebbe acquistare fondi che guadagnano molto nel medio-lungo termine senza fargli venire i patemi d’animo. Non sempre ciò è possibile, ma appunto la volatilità aiuta a scegliere il gestore che riesce ad accoppiare rendimenti alti e costanti nel tempo con il minor rischio possibile.
Cos’è la volatilità
Tecnicamente la volatilità è la dispersione dei rendimenti attorno alla loro media; il parametro statistico più utilizzato è la deviazione standard. Più è elevato questo parametro e maggiori saranno le oscillazioni dei rendimenti nel periodo. In questo caso rischio e rendimento sono due grandezze direttamente proporzionali, nel senso che chi non osa acquistare fondi azionari, che sono i più rischiosi, non può guadagnare di più, deve accontentarsi di meno.