Come al solito moda, design e agroalimentare, cioè il collaudato made in Italy, ma adesso anche (e soprattutto) meccanica e componentistica. Sono questi i settori in salute della nostra economia, almeno nell’ottica di una valutazione ristretta ad alcune regioni del Nord e alle esportazioni con l’estero.
Le previsioni di Unioncamere e Prometeia (istituto che si occupa di ricerca e analisi macroeconomica) fanno capire chiaramente che l’impulso della domanda estera, che crescerà di un sostanzioso 3,7% nel prossimo anno, giocherà un ruolo essenziale per il nostro Paese nell’anno che è iniziato. Insomma, hanno ragione quelle imprese che, seguendo la dinamica delle produzioni degli altri contesti europei, hanno puntato sulla specializzazione e che sono arrivate a costituire, di fatto, una sorta di unico distretto industriale extra nazionale con analoghe imprese di Francia e Germania. Queste imprese, in Italia, sono localizzate prevalentemente in regioni come la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Piemonte, il cui prodotto interno potrebbe crescere anche dell’1,2%, cioè con una marcia decisamente diversa rispetto al resto del Paese.
Una delle cause più importanti di questa vera e propria “frattura” starebbe proprio nel diverso approccio al mercato. Di conseguenza, chi continua a vivere solo di mercato interno non può non pagare conseguenze negative e restare isolato rispetto al compattamento che stanno realizzando le imprese lombarde, emiliane e piemontesi, ad esempio con quelle “sorelle” dell’area di Tolosa e Lione o del Reno. E’ chiaro che se queste imprese, grazie alle esportazioni e alla internazionalizzazione, in qualche modo hanno retto anche nella fase cruciale della recessione italiana (2012 e 2013), oggi non possono che correre spedite in considerazione dei primi concreti segnali di ripartenza del mercato europeo. Tutto questo non contribuirà ancora a far rialzare gli indici dell’occupazione (che nel prossimo anno saliranno di un risicato 0,4% solo in Lombardia e Emilia), ma certamente aiuterà a guardare al futuro con rinnovata fiducia.
Ma quali sono i prodotti esportabili, quelli che sollecitano gli appetiti delle altre imprese e dei mercati europei? Come detto, innanzitutto prodotti elettrotecnici e meccanici (soprattutto per l’industria aerospaziale francese), ma anche pelle, ceramica, alimentari. Il portafoglio ordini delle imprese di questi settori – sempre che abbiano un minimo di presenza all’estero e dimestichezza con le esportazioni – è abbastanza consistente e, salvo imprevisti, il prossimo anno dovrebbe essere finalmente l’anno della inversione di tendenza. Cosa dovrebbe fare il Mezzogiorno? Aprirsi all’estero, affacciarsi ad altri mercati e internazionalizzarsi. Moltissime imprese nelle regioni meridionali, del resto, hanno tutte le carte in regola per affermarsi dove già lo hanno fatto quelle settentrionali.