Spiegare la disoccupazione con la dilagante crisi del tessuto economico e con la drammatica necessità delle aziende di licenziare (o non assumere) e persino di chiudere i battenti, è naturalmente corretto, ma non è sufficiente. La realtà del mercato del lavoro è molto complessa e i fattori che determinano il quadro attuale sono molteplici.
Per esempio, il recente rapporto McKinsey, condotto su Germania, Svezia, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, (cioè sugli 8 Paesi che complessivamente rappresentano i 2/3 della disoccupazione giovanile dell’intera Unione europea), dice senza tanti giri di parole che i giovani non trovano lavoro soprattutto perché non ricevono una istruzione e una formazione adeguate. Solo per concentrare l’attenzione al nostro Paese, il rapporto fa notare che il 47% dei datori di lavoro lamenta il fatto di non riuscire a individuare i lavoratori giusti, cioè quelli con un profilo professionale adatto alle esigenze delle proprie aziende. La platea di imprenditori greci, spagnoli e persino tedeschi, che si trova nella stessa situazione è più ridotta, ma il problema esiste anche fuori dai nostri confini. Contestualmente, sul fronte della scuola, eserciti di studenti scelgono corsi di studio (soprattutto legati alla manifattura) che portano a settori di mercato in profonda crisi.
In pratica, la laurea sbagliata. Senza dimenticare che l’Italia ha il numero più basso di studenti (poco più del 30%) che scelgono l’istruzione professionale e quasi la metà di quelli che scelgono i licei, con il senno di poi, non rifarebbero la stessa scelta. Naturale, quindi, che a istruzione e formazione vengano addebitate porzioni di responsabilità sulla crisi occupazionale. La difficoltà principale è la mancata (o scarsa) comunicazione tra imprenditori (che assumono) e educatori (che formano).
Che fare? Banalmente verrebbe da dire che occorre aumentare i segmenti di istruzione “pratica”, cioè le ore di laboratorio. Poi incrementare e migliorare qualitativamente formule come lo stage, il tirocinio o l’apprendistato e, in questo senso, la Youth Guarantee può rivelarsi molto utile. Infine, serve che le scuole guardino concretamente alle realtà imprenditoriali che le circondano e smontino, rendano flessibili, le ingessature della teoria e degli insegnamenti. Tutto questo ha bisogno di un generale cambio di mentalità e di approccio alla materia. Non solo, tutto questo (e anche quello che eventualmente potrebbe essere individuato come rimedio) ha bisogno anche di un impegno finanziario a livello di edilizia, di strumenti didattici, di formazione del corpo docente, di istruzione tecnica.